la comunità europea

LE VALUTAZIONI AMBIENTALI.

LE VALUTAZIONI AMBIENTALI. Il d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Codice dell’Ambiente), alla PARTE II, TITOLO I, descrive gli Istituti della V.I.A. (valutazione di impatto ambientale), della V.A.S. (valutazione ambientale strategica) e dell’A.I.A. (autorizzazione integrata ambientale) e ne disciplina i procedimenti.

L’A.U.A. (autorizzazione unica ambientale), istituita con il d.P.R. n. 59 del 2013,Regolamento recante la disciplina dell’autorizzazione unica ambientale e la semplificazione di adempimenti amministrativi in materia ambientale gravanti sulle piccole e medie imprese e sugli impianti non soggetti ad autorizzazione integrata ambientale, a norma dell’articolo 23 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35”, completa il quadro normativo di prevenzione ambientale affiancando la VAS, la VIA e l’AIA ed è rivolta alle piccole e medie imprese (PMI), comprese le “microimprese” ex d.m. 18 aprile 2005.

L’AUTORIZZAZIONE UNICA AMBIENTALE: L’AUA.

L’AUA ha lo scopo, semplificatorio, di riunire in un unico insieme le autorizzazioni previste dal codice dell’ambiente ed i permessi previsti dalle normative Regione.

Il procedimento finalizzato al rilascio dell’autorizzazione unica contempla, al suo interno, la Conferenza di Servizi tra le Amministrazioni interessate dal progetto e si conclude con un provvedimento autorizzatorio adottato dalla sola Amministrazione Procedente in via autonoma ed al di fuori della Conferenza: “mentre l’atto conclusivo dei lavori della conferenza si concreta in un atto istruttorio endoprocedimentale a contenuto consultivo, l’atto conclusivo del procedimento è il provvedimento finale a rilevanza esterna con cui l’Amministrazione decide a seguito di una valutazione complessiva“(Cons. Stato, sez. IV, n. 2235 del 2020).

Non v’è dubbio, però, che il cuore del procedimento di rilascio dell’AUA sia proprio la Conferenza di Servizi: “La Regione, avuto riguardo alla previsione dell’art. 12, commi 3 e 4, del d.lgs. n. 387 del 2003, è tenuta a convocare la Conferenza di Servizi: tutte le Amministrazioni interessate dal progetto, e dunque con competenza propria in materia, sono tenute a partecipare alla Conferenza e ad esprimere in tale sede anche i pareri di cui sono investiti per legge, secondo le dinamiche collaborative proprie dello strumento di semplificazione procedimentale previsto dalla legge. Qualora un’Amministrazione esprimesse parere negativo al di fuori della conferenza, detto parere sarebbe illegittimo per incompetenza alla stregua di un atto adottato da un’Autorità priva di potere in materia” (Cons. Stato, sez. V, n. 6319 del 2018).

La determinazione della Conferenza di Servizi, anche se di tipo decisorio, ha mera valenza endoprocedimentale ed è destinata a confluire in un provvedimento espresso che adotta la Regione. Si tratta, pertanto, di un atto avente natura istruttoria, non ancora provvedimentale, che non è idoneo, in quanto tale, ad incidere nella sfera giuridica del destinatario e, pertanto, non è autonomamente impugnabile (Cons. Stato, sez. IV, n. 286 del 2023; sez. V, n. 3109 del 2018; sez. IV, n. 7052 del 2020.

Stesso dire per quanto concerne il procedimento finalizzato al rilascio dell’ A.U. (Autorizzazione Unica) ex art. 12 d.lgs. n. 387 del 2003: un organo tecnico consultivo (es. ARPA) non è titolare di una posizione qualificata, non configurandosi quale soggetto pubblico dotato di competenze proprie da esprimere nella conferenza di servizi decisoria. Ne consegue l’assenza di una situazione giuridica attiva, protetta dall’ordinamento, e quindi differenziata, essendo la posizione correttamente ricollegabile a quella di un organo tecnico consultivo della Regione, alla quale solamente è imputabile il provvedimento (Cons. Stato, sez. V, n. 6319 del 2018 -fattispecie relativa ad impugnazione da parte dell’ARPA che secondo la normativa regionale è organo tecnico dell’Amministrazione regionale, dotata di personalità giuridica pubblica, ma non ha competenze specifiche in materia di opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili-).

Con riguardo alla pianificazione urbanistica l’autorizzazione unica ex art. 208 comma 6, d.lgs. n. 152 del 2006 determina una variante urbanistica indipendentemente dall’assenso del Comune e, addirittura, persino in caso di dissenso espresso, tanto che l’atto è idoneo a spiegare direttamente effetti sulla pianificazione territoriale, costituendo variante puntuale che non necessita di alcuna manifestazione di assenso da parte degli enti, in via ordinaria, competenti per la pianificazione (Cons. Stato, sez. IV, n. 6088 del 2022).

“Dall’applicazione del procedimento autorizzatorio unico ex art. 12, comma 3, del d.lgs. n. 387 del 2003 discende altresì l’esclusione del progetto dalla valutazione ambientale strategica (VAS), secondo la previsione espressa di cui all’articolo 6, comma 12, del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, a mente del quale non necessitano di essere sottoposte a VAS le modifiche dei piani e dei programmi elaborati per la pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli conseguenti a provvedimenti di autorizzazione di opere singole che hanno per legge l’effetto di variante” (Consiglio di Stato, Sez. Quarta, n. 2368 del 31 marzo 2022).

Ai sensi dell’art. 12 del D. Lgs. 387/2003, infatti, per le opere necessarie alla realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli stessi impianti, considerate dalla legge quali opere di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti, è prevista una procedura di autorizzazione unica, rilasciata dalla Regione o dalle Province delegate dalla Regione, che – ove occorra – ha anche effetti di variante allo strumento urbanistico. 

L’autorizzazione regionale è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241.

La procedura di A.U., in forza della valutazione di prevalenza tra l’interesse alla realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili e il rispetto dell’assetto del territorio previsto dagli strumenti urbanistici comunali, accentra sull’autorità procedente la competenza – altrimenti del Comune – alla valutazione della compatibilità urbanistica dell’intervento.

LA VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE: LA VIA

La VIA (strumento di valutazione ambientale di matrice europea introdotto dall’art. 3, direttiva n. 85/337/CEE e s.m. apportate dalla direttiva n. 97/11/CE), è una procedura amministrativa di supporto per l’Autorità Competente finalizzata ad individuare, descrivere e valutare gli impatti ambientali di un’opera, il cui progetto è sottoposto ad autorizzazione.

E’ un procedimento di “valutazione ex ante” dei possibili effetti negativi prodotti sull’ambiente da determinati interventi progettuali, il cui obiettivo consiste nel proteggere la salute, migliorare la qualità della vita, provvedere al mantenimento delle specie, conservare la capacità di riproduzione dell’ecosistema, promuovere uno sviluppo economico sostenibile (Cons. Stato, sez. II, n. 5379 del 2020).

La VIA serve a prevedere, individuare e governare, in termini di soluzioni più idonee al perseguimento degli obiettivi di salvaguardia, l’impatto ambientale di determinati interventi.

Gli effetti sull’ambiente da prevedere e valutare con la VIA si sostanziano nella alterazione “qualitativa e/o quantitativa, diretta ed indiretta, a breve e a lungo termine, permanente e temporanea, singola e cumulativa, positiva e negativa” che si riverbera sull’ambiente, laddove l’ambiente è da intendersi come un “sistema di relazioni fra i fattori antropici, naturalistici, chimico-fisici, climatici, paesaggistici, architettonici, culturali, agricoli ed economici, in conseguenza dell’attuazione sul territorio di piani o programmi o di progetti nelle diverse fasi della loro realizzazione, gestione e dismissione, nonché di eventuali malfunzionamenti”, come si argomenta dall’art. 5, comma 1, lett. b) e c), d.lgs. n. 152/2006 (Cons. Stato, sez. II, n. 5379 del 2020; sez. IV, n. 2043 del 2014; sez. IV, n. 4611 del 2013; sez. IV, n. 468 del 2013; sez. V, n. 5295 del 2012).

LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA: LA VAS.

La VAS è stata prevista dalla Direttiva 2001/42/CE per garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente anticipando la tutela dell’ambiente sin dall’adozione ed approvazione di piani e programmi che siano in grado, anche solo potenzialmente, di impattare significativamente sullo stesso.

La finalità di salvaguardia e miglioramento della qualità dell’ambiente, nonché di protezione della salute umana e di utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali, ne impone una lettura ispirata al rispetto del principio di precauzione, in una prospettiva di sviluppo durevole e sostenibile dell’uso del suolo. Essa si accosta, senza identificarsi con gli stessi, ad altri strumenti di valutazione, come la valutazione di impatto ambientale (VIA) su singoli progetti e quella di incidenza (VINCA), riferita ai siti di Natura 2000, in modo da costituire un unico sistema (trasversale) che vuole l’intero ciclo della decisione teleologicamente orientato a ridette esigenze di tutela (Cons. Stato, sez. II, n. 6152 del 2021).

La VAS statale e regionale o locale: l’art. 7, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 152 del 2006 opera una divisione tra procedura di VAS a livello statale e procedure di VAS di ambito regionale o locale. L’art. 7 però disciplina soltanto la prima e ne indica i soggetti competenti per le varie fasi della stessa.

Per le VAS di rilievo regionale o locale il TUA opera, invece, un rinvio alle disposizioni di legge regionali o delle Province autonome. Ciò comporta che se a livello Statale la disciplina della VAS è sostanzialmente unica ed omogenea, stessa cosa non può dirsi per le VAS di respiro locale dove invece emergono, di sovente, scelte, decisioni e discriminazioni che possono essere diverse da Regione a Regione e comportare aggravi procedimentali (art.3 quinquies del d.lgs. n. 152/2006, non a caso rubricato «Principio di sussidiarietà e di leale collaborazione»). Le Regioni si sono per lo più orientate nel senso di delegare le funzioni di “Autorità competente” a Province, Città metropolitane e Comuni, in quanto preposti alle scelte urbanistiche nell’ambito del proprio territorio di riferimento (Cons. Stato, sez. II, n. 6152 del 2021).

Tutte le scelte di governo del territorio si sostanziano in atti sottoposti a VAS.

La VAS deve espressamente tener conto della «evoluzione probabile [del contesto ambientale] senza l’attuazione del piano o del programma». A richiederlo è la stessa direttiva europea all’Allegato I° lettera b) poi recepita dal legislatore nazionale che, nell’allegato VI alla Parte II del T.u.a., indica il contenuto che il cd. “rapporto ambientale” sui possibili impatti ambientali, ex art. 13 decreto, deve tassativamente prevedere (Cons. Stato, sez. IV, n. 1225 del 2016).

La V.A.

Anche la procedura di Verifica di Assoggettabilità a VAS è riconducibile nel novero delle valutazioni ambientali (recte, i procedimenti valutativi ambientali) e, in un’ottica di adeguatezza e di proporzionalità, è al contempo finalizzata a valutare la necessità di prescrivere un procedimento di valutazione aggravato, ovverosia la  VAS, tenuto conto della rilevanza dell’intervento e conseguentemente della maggiore potenzialità lesiva per l’ambiente (Cons. Stato, IV, n. 3168 del 2023).

L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE: L’AIA.

Tra le valutazioni ambientali l’AIA è il provvedimento che sostituisce, uno actu, tutti i numerosi titoli che erano precedentemente necessari per l’esercizio (il far funzionare) di un impianto industriale, assicurando così efficacia, efficienza, speditezza ed economicità all’azione amministrativa nel giusto contemperamento degli interessi pubblici e privati in gioco, e investe gli aspetti gestionali, ubicativi e strutturali dell’impianto. (Cons. Stato, sez. V, n. 4928 del 2014; sez. V, n. 5299 del 2012).

L’AIA è una autorizzazione costitutiva, in quanto è “concessa” per un “periodo” di tempo prestabilito (così l’ art. 208, comma 12, d.lgs. 27, 3 aprile 2006, n. 152) e non sussiste in capo al destinatario alcun precostituito diritto ad ottenerla. Può essere rilasciata solo dopo che la pubblica amministrazione abbia valutato i vari interessi rilevanti, che vengono in evidenza nel corso dell’iter procedimentale. L’ampiezza de le valutazioni ambientali svolte in relazione all’AIA si riflette sulla procedura di VIA, nella quale assumono rilievo anche gli studi effettuati in vista del rilascio dell’AIA.

L’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) (Parte Seconda, Titolo III-bis del D.lgs. 152/2006 e s.m.i.) è un provvedimento che, all’esito di valutazioni ambientali, autorizza e disciplina l‘esercizio di un impianto o di parte di esso a determinate “condizioni ambientali” che l’impianto deve rispettare ai fini della riduzione dell’inquinamento uniformarsi ai principi di integrated pollution prevention and control (IPPC) dettati dall’UE.

Un’autorizzazione integrata ambientale può valere per uno o più impianti o parti di essi, che siano localizzati sullo stesso sito e gestiti dal medesimo gestore. L’Autorizzazione deve essere richiesta, ai fini dello svolgimento delle attività industriali, delle installazioni e impianti elencati nell’Allegato VIII alla Parte Seconda del D. Lgs 152/2006 e s.m.i.

L’AIA e la VIA.

Le valutazioni ambientali nella procedura di VIA investono, in via preventiva, i profili localizzativi e strutturali, mentre l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) è il provvedimento complessivo con cui si valutano specificamente gli aspetti gestionali e dell’attività e dell’esercizio dell’impianto.

L’ambito specifico della VIA -e delle relative valutazioni ambientali- è, quindi, l’inquadramento generale della localizzazione dell’opera e dell’impianto ed il suo rilascio integra, in sostanza, una condizione di procedibilità dell’AIA. La VIA precede il rilascio dell’AIA e ne condiziona il contenuto.

L’AIA è caratterizzata dall’esame, ad un maggior livello di definizione, di tutti i profili ambientali ed abbraccia, rispettivamente, le emissioni nell’aria, convogliate e no, gli scarichi nell’acqua e nel mare, le emissioni sonore, le vibrazioni, gli odori, l’impatto sul suolo e sul sottosuolo; ed in definitiva l’impatto complessivo del progetto in base gli aspetti gestionali. Le valutazioni ambientali in sede di AIA richiedono l’esercizio di un’amplissima discrezionalità tecnica; comportano la valutazione concreta delle modalità e di funzionamento dell’impianto ed altresì, di norma, comportano l’adozione di tutta una serie di prescrizioni e raccomandazioni dirette a minimizzare l’impatto ambientale. Il maggior livello di approfondimento implica, quindi, una retroazione dell’AIA sulla procedura di VIA, nel senso che la prima, benché cronologicamente successiva, conferma, precisa e condiziona l’oggetto della seconda (Cons. Stato, sez. II, n. 1339 del 2017; sez. V, n. 3000 del 2016).

Una valutazione di impatto ambientale negativa preclude il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale, al contrario legittimamente può essere negata l’autorizzazione integrata ambientale anche in presenza di una valutazione di impatto ambientale, poiché solo l’AIA è, di per sé, idonea ad esprimere un giudizio definitivo sull’intervento in concreto proposto positiva (Cons. Stato, sez. V, n. 313 del 2015);

L’AIA non costituisce variante automatica al PRG. L’art. 6, comma 12, del d.lgs. n.152 del 2006 prevede che “Per le modifiche dei piani e dei programmi elaborati per la pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli conseguenti a provvedimenti di autorizzazione di opere singole che hanno per legge l’effetto di variante ai suddetti piani e programmi, ferma restando l’applicazione della disciplina in materia di VIA, la valutazione ambientale strategica non è necessaria per la localizzazione delle singole opere”.

Inoltre, ai sensi dell’art. 6, commi 3 e 3 bis d.lgs. n. 152 del 2006, la verifica di assoggettabilità riguarda solo i piani e i programmi per i quali la procedura di VAS è discrezionale. Pertanto, mentre la valutazione di impatto ambientale ha ad oggetto un progetto o un’attività puntuale, le attività pianificatorie o programmatorie devono essere sottoposte a valutazione ambientale strategica (Cons. Stato sez. IV, n. 4351 del 2022).

La VINCA: la Valutazione di Incidenza Ambientale.

La V.I. è un istituto previsto dal diritto dell’Unione europea che ha lo scopo di accertare preventivamente se determinati progetti possano avere incidenza significativa sui Siti di importanza comunitari (SIC), sulle Zone speciali di conservazione (ZSC) e sulle Zone di protezione speciale (ZPS).

Introdotta dall’articolo 6, comma 3, della direttiva 92/43/CEE “Habitat” con lo scopo di salvaguardare l’integrità dei siti attraverso l’esame delle interferenze di piani e progetti non direttamente connessi alla conservazione degli habitat e delle specie per cui essi sono stati individuati, ma in grado di condizionarne l’equilibrio ambientale, è disciplinata a livello nazionale dall’art. 5 del d.P.R. n. 8 settembre 1997. n. 597, come sostituito dall’art.6 del d.P.R. 12 marzo 2003, n. 120.

Ai sensi dell’art. 10, comma 3, del d.lgs. 152 del 2006 la suddetta valutazione è integrata nei procedimenti di valutazioni ambientali della VIA e VAS. Nei casi di procedure integrate VIA-VINCA, VAS -VINCA, l’esito della valutazione di incidenza è vincolante ai fini dell’espressione del parere motivato di VAS o del provvedimento di VIA che può essere favorevole solo se vi è certezza riguardo all’assenza di incidenza significativa negativa sui siti Natura 2000.

(i)“Allorquando lo Stato membro intenda procedere alla realizzazione di un progetto ai sensi dell’art. 6, comma 4, della direttiva, la VINCA deve essere effettuata in maniera assolutamente completa ed esaustiva, con definizione delle misure di mitigazione/protezione, nella fase preliminare, cioè in vista della approvazione del progetto preliminare, e ciò per la ragione che la VINCA è necessaria ai fini della valutazione comparata tra più alternative dannose (per stabilire quale di esse sia quella che comporta minori inconvenienti), e quindi per stabilire se ricorrano le condizioni in presenza delle quali si può dare corso ad un progetto per rilevanti motivi di interesse pubblico ai sensi dell’art. 6, comma 4, della direttiva “habitat”.

(ii) In particolare, anche le misure di mitigazione, cioè le misure tese ad evitare o ridurre l’incidenza negativa di un piano o progetto, debbono essere individuate e previste nel corso della VINCA, e non possono essere introdotte dopo l’approvazione di questa, e del progetto cui la VINCA si riferisce; solo le misure c.d. “compensative” possono essere determinate in una fase successiva, ed è anzi opportuno che esse siano definite solo dopo che la VINCA sia stata completata e sia chiaro il quadro dell’incidenza negativa che il progetto procurerà al sito interessato, tenendo conto delle misure di mitigazione adottate” (Corte di giustizia UE, 6 luglio 2020, causa C-411/19).

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